Lo Spirito in noi
Lo Spirito Santo, nella predicazione, nella forma della preghiera e nella teologia, è invocato perché arrivi e faccia ciò che molte delle metafore bibliche raccontano operando qualcosa di eccezionale, al di fuori della normalità. E lo Spirito agisce certamente in questo modo, in una Pentecoste che non ha ancora smesso di dare frutti.
Ma non è la sola azione dello Spirito testimoniata dalla Scrittura. Guarda il video:
La coscienza di questa Presenza ha enormi ripercussioni sulla nostra vita: niente di ciò che viviamo è estraneo a questo Abitare dello Spirito in noi.
Ogni nostra azione, riferimento al Vangelo, atto di carità, ogni nostra preghiera non sono finalizzati ad ottenere, meglio, a meritare questo Dono. Arrivare alla preghiera autentica non significa aggiungere virtù e diventare "degni", ma togliere ciò che ci sta impedendo di sentire e partecipare attivamente a questo infinito, perfetto dialogo d'amore che nello Spirito unisce il Padre e il Figlio.
Anche se noi siamo distratti e inconsapevoli, se facciamo scelte opposte al Vangelo, se ignoriamo consapevolmente tale Presenza, essa non viene mai meno. Ma se, invece, ci lasciamo accompagnare dalla Sua luce, allora tutto cambia e capiamo cosa significhi realmente essere Sua casa.
L'abate André Louf a tal proposito scriveva:
“Il nostro cuore è già in stato di preghiera. La preghiera l'abbiamo ricevuta, insieme alla grazia, al momento del nostro battesimo. Lo stato di grazia, come lo si chiama, significa infatti, a livello del cuore, stato di preghiera. Là, nell'intimo più profondo di noi stessi, siamo da allora in contatto continuo con Dio.
Lo Spirito Santo di Dio si è impadronito di noi, si è completamente impossessato di noi: si è fatto il Respiro del nostro respiro, lo Spirito del nostro spirito. Prende per così dire a rimorchio il nostro cuore e lo volge verso Dio. É lo Spirito che, secondo Paolo, parla incessantemente al nostro spirito e testimonia che siamo figli di Dio.
Costantemente infatti lo spirito grida in noi e prega: "Abbà, Padre!”, supplicando e sospirando con parole inenarrabili, ma che tuttavia non cessano mai (romani 8,15; Galati 4,6).
Portiamo continuamente questo stato di preghiera con noi, come un tesoro nascosto di cui siamo ben poco o per nulla coscienti. Il nostro cuore respira da qualche parte in pienezza, ma senza che noi lo avvertiamo.
Il nostro cuore, il nostro vero cuore sonnecchia e bisogna addestrarlo progressivamente per tutta la vita. Allora pregare non è davvero difficile. La preghiera ci è stata data da tanto tempo, ma raramente si è coscienti della propria preghiera.
In effetti la condizione è che il nostro cuore si desti. Finché dorme, invano cerchiamo in noi il luogo della preghiera.
Bisogna vigilare e incominciare con il ritrovare la via verso il nostro cuore per liberarlo e sbarazzarlo da tutto ciò che lo ingombra. La conversione non ha altro scopo che farci rientrare in noi stessi, farci ritornare al centro vero della nostra persona, redire ad cor (cfr. Is 46,8 Vulg.), ritornare al cuore, come si diceva volentieri nel medioevo. Questo ritorno é ritorno in sé. Genera raccoglimento e interiorità. Penetra fino al nostro io più profondo, all'immagine di Dio in noi. Giunge al centro ontologico in cui noi sgorghiamo costantemente dalla mano creatrice di Dio e da cui rifluiamo verso di lui. Pregare ci insegna a vivere della vita che è interiore a noi stessi. Ogni uomo di preghiera, come è stato detto a proposito di Bruno il certosino, possiede un cor profundum, un cuore insondabilmente profondo.
André Louf, Lo Spirito prega in noi, Edizioni Qiqaion 1995, pp. 19-24
É la stessa dinamica che si vive nella preghiera liturgica. Spesso si sente chiedere che legame possa esistere tra la preghiera personale, cui prevalentemente ci stiamo dedicando in questo sito, e la preghiera comune della chiesa. Non credo vada cercato nelle forme esterne, spesso molto diverse, ma a questo livello di profondità.
Nella preghiera personale:
“A un uomo di grande interiorità, completamente pervaso dalla preghiera e continuamente occupato in essa, chiesero come fosse arrivato a quel punto. Rispose che faticava a spiegarselo: “oggi - disse - ho l'impressione che già da anni portavo la preghiera nel mio cuore senza saperlo. Era come una sorgente ricoperta da una pietra. A un certo momento, Gesù ha spostato la pietra. Allora la sorgente si è messa a sgorgare e da allora continua a sgorgare” .
André Louf, Lo Spirito prega in noi, Edizioni Qiqaion 1995, p. 24.
E nella preghiera comune ci viene spiegato che è questa azione quella che determina il valore dell'agire liturgico. Ecco come si esprime l'introduzione alla Liturgia delle Ore:
Cristo unisce a sé tutta l'umanità, in modo tale da stabilire un rapporto intimo tra la sua preghiera e la preghiera di tutto il genere umano (…) Egli prega per noi come nostro sacerdote, prega in noi come nostro Capo, è pregato da noi come nostro Dio. Riconosciamo dunque in lui le nostre voci e le sue voci in noi.
In questo dunque sta la dignità della preghiera cristiana, che essa partecipa dell'amore del Figlio Unigenito per il Padre e di quell'orazione, che egli durante la sua vita terrena ha espresso con le sue parole e che ora, a nome e per la salvezza di tutto il genere umano, continua incessantemente in tutta la Chiesa e in tutti i suoi membri.
L'unità della Chiesa orante è opera dello Spirito Santo, che è lo stesso in Cristo, in tutta la Chiesa e nei singoli battezzati. Lo stesso «Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza» e «intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili» (Rm 8, 26); egli stesso, in quanto Spirito del Figlio, infonde in noi «lo spirito da figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: Abbà, Padre!» (Rm 8, 15; cf Gal 4, 6; 1Cor 12, 3; Ef 5, 18; Gd 20). Non vi può essere dunque nessuna preghiera cristiana senza l'azione dello Spirito Santo, che unificando tutta la Chiesa, per mezzo del Figlio la conduce al Padre (cfr. PNLO 6-9).