La contemplazione come unificazione della realtà

Imparare a contemplare anche il "negativo" della vita ha un senso?

Giampaolo

6/4/20253 min read

La Contemplazione Integrale: Abbracciare la Realtà nella sua Interezza

Il Coraggio di Guardare la realtà

La contemplazione autentica richiede un coraggio particolare: quello di non voltare lo sguardo quando la realtà si presenta nella sua complessità più cruda. Spesso confondiamo la preghiera contemplativa con una fuga verso il bello, il consolante, l'armonioso. Ma contemplare significa accogliere la vita così com'è, non come vorremmo che fosse.

Quando San Francesco abbracciò il lebbroso, non stava scegliendo il bello sopra il brutto, ma stava imparando a vedere Cristo anche là dove la bellezza sembrava negata. Non stava ignorando la malattia, ma la stava contemplando come parte del mistero dell'incarnazione.

I Sapori dell'Esistenza

La vita ha molti sapori, e la contemplazione ci insegna che anche l'amaro e il salato appartengono alla tavola di Dio. Come scrivevamo nella sezione sulla contemplazione della natura, non possiamo permetterci di scegliere solo gli aspetti che ci rassicurano. L'albero secco che colpì tanto Claudia negli esercizi di Jalicz non era meno degno di contemplazione del fiore che sboccia. La natura è vita e morte, armonia e violenza, ma ogni cosa è in equilibrio.

Durante gli anni della formazione ho sentito spesso parlare di "unificazione". Era una strana, misteriosa idea che cercava di suggerire come, prima o poi, nella vita spirituale si potesse arrivare a fare unità nella persona. Probabilmente allora ho frainteso in base alle mie aspettative, ma credevo che unificare significasse che tutte le dimensioni della persona andassero all'unisono, in una sola direzione, senza tensioni e contraddizioni. Mi sa che non avevo capito! Credo che la vera sfida sia, invece, riuscire a camminare dentro tutto ciò che siamo contemplandolo in una visione d'insieme che vede la persona nella sua realtà. E tutto è "persona".

È questo il passaggio più delicato di questa contemplazione. È relativamente facile accettare la natura nella sua ciclicità di vita e morte, è più complesso contemplare senza resistenza i nostri limiti, le nostre ombre, i nostri fallimenti.

Eppure, come insegnano i grandi maestri spirituali, è proprio nella nostra povertà che si manifesta la ricchezza di Dio. Non dobbiamo fingere di essere diversi da quello che siamo, né sforzarci di contemplare solo i nostri aspetti "migliori". Il santo non è colui che ha eliminato le contraddizioni, ma colui che le ha integrate nel suo cammino verso Dio.

Questa visione unificata ci libera dalla fatica di dividere continuamente l'esperienza in "accettabile" e "inaccettabile". Quando contempliamo, non giudichiamo: guardiamo. E in questo guardare senza giudizio, anche il dolore può diventare porta verso il Mistero.

Lo Sguardo di Maria ai Piedi della Croce

L'icona più perfetta di questa contemplazione integrale è Maria ai piedi della Croce. Lei non distoglie lo sguardo dal Figlio sfigurato, non scappa di fronte all'apparente sconfitta di tutto ciò in cui aveva creduto. Contempla il Mistero anche quando questo assume i tratti della devastazione.

In quel momento, Maria non sta scegliendo la sofferenza, sta scegliendo di rimanere presente alla realtà nella sua interezza. E in questa presenza totale, che non esclude nemmeno la contraddizione più stridente, si compie la contemplazione più alta.

Cambiare il modo di abitare la realtà e di accogliere il fratello

Questa contemplazione che abbraccia tutto non ci rende passivi o rassegnati. Al contrario, ci libera per l'azione. Quando non dobbiamo più sprecare energie per combattere metà della realtà, possiamo dedicarci interamente a servire la vita ovunque essa si manifesti.

Come scrive Arvalli nel testo che abbiamo citato, "la contemplazione più che uscire dal mondo è una via per entrarvi in modo diverso, dall'alto, e con amore". È uno sguardo che trasforma, non perché cambia la realtà, ma perché cambia il nostro modo di abitarla.

Ma è soprattutto nella relazione con il prossimo che questo modo di contemplare rivoluziona la nostra vita. Smetto di cercare nell'altro ciò che mi aspetto, non limito lo sguardo alle sole caratteristiche positive, ma accolgo l'altro nella sua realtà vera, contraddittoria, unificata... Quando mi avvicino a questo sguardo sperimento una scintilla della luce che illumina lo sguardo di Dio su di noi.

Arrendersi è una vittoria

La conclusione paradossale di questo cammino è, ancora, che la contemplazione integrale non si raggiunge "facendo" qualcosa in più, ma smettendo di escludere qualcosa. È un atto di resa, non di conquista.

Come ripetevamo nella sezione finale del nostro testo: "Smettila di tentare di arrivare a forza di braccia dove non puoi giungere. Fai quello che puoi per camminare, ma poi siediti e goditi la gioia di riposarti a guardare il panorama."

Il panorama intero. Anche quando include l'inverno oltre alla primavera, la notte oltre al giorno, la croce oltre alla risurrezione. Perché tutto questo, misteriosamente, è un solo panorama: quello di Dio che si rivela nella storia.